Cortecce resinose (le téyon)

CORTECCE RESINOSE (le téyon)

In alternativa ai lumi a olio e ad altri metodi d’illuminazione, come le candele di sego e, più tardi, il petrolio e quindi l’acetilene, si usava far luce accendendo un piccolo fascio, o un mucchietto di cortecce di pino o di larice, distaccate dagli alberi durante l’estate. Le striscioline di corteccia, sature di resina, ardendo, sprigionavano una fiamma chiara. In una parete delle vecchie stalle, vi era un’apposita nicchia destinata ad alloggiare “én bocón dè tèya”: il mucchietto di cortecce da accendere per illuminare l’ambiente. Che si tratti di un metodo antichissimo, lo dimostra il fatto che questo tipo d’illuminazione prescinde dal sego e dall’olio e utilizza solo elementi facilmente reperibili nell’ecosistema locale. In altre parti d’Italia – negli Abruzzi e in Umbria, ad esempio – si usavano metodi simili impiegando rami di ginepro, oppure i gusci delle noci i quali hanno il pregio di costar nulla. Durante l’ultimo conflitto mondiale, o in periodi di grande penuria di mezzi, si è di nuovo fatto ricorso a questi antichissimi metodi d’illuminazione.

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La casa e le attività domestiche - L'illuminazione prima dell'elettricità